indietro - pag 1 - pag 2 - pag 3 - pag 4 - pag 5 - pag 6 - pag 7 - pag 8 - indietro

Le confinazioni del 1586:

la Badia contro la Comunità di Monteverdi.

La risposta dei monaci di Vallombrosa alla sentenza del 1568.

di Alessandro Colletti


L’antica origine dei vasti possedimenti ereditati dai monaci di Vallombrosa nel 1423 con l’annessione della Badia di S. Pietro di Palazzuolo garantì una singolare concentrazione di poteri feudali e poteri spirituali che sembrò destinata a durare in perpetuo. Nel 1568 trascinati in causa dal Comune e dagli abitanti di Monteverdi dovettero sottostare alla sentenza pronunciata, su relazione di Lelio Torelli, dai Magnifici Nove Conservatori della Giurisdizione e Dominio Fiorentino che limitava i loro quasi assoluti poteri sul territorio, sancendo l’avvio della transizione tra poteri feudali e poteri comunali, iniziata nel 1320 con lo Statuto Comunale, pur nella specificità a Monteverdi della attribuzione dei poteri del feudatario all’abate di Palazzuolo prima e Vallombrosa poi.

Le liti tra Signori e Comunità per i pascoli e per gli usi civici, ma anche per i confini rappresentarono nei secoli precedenti occasione di scaramucce e guerriglie per l’affermazione del diritto del più forte, sfociando talvolta in episodi di guerra, come nel massacro del 1252 quando i conti Pannocchieschi di origine longobarda, che avevano per stemma una spiga d'oro in campo rosso, proprietari di molti castelli, tra i quali Cugnano, Montemassi, Gerfalco, Castiglion Bernardi, Sassetta, mossero guerra per ragioni di confine all'abbazia di S. Pietro in Palazzuolo e assalitala nottetempo, uccisero l'abate e tutti i monaci, ad eccezione di uno che riuscì a fuggire rifugiandosi a Massa.

L’affermazione di un potere centrale a cui ricorrere per dirimere le liti contribuì a riconoscere e rafforzare il ruolo dirigente di un ceto burocratico in fase di formazione, spostando il costo delle ambizioni signorili dalle armi dei soldati alle parcelle dei procuratori, quest’ultime accessibili anche alle comunità minori.

Gli anni immediatamente successivi alla sentenza del 1568 trascorsero all’insegna di una relativa tranquillità che permise alla popolazione monteverdina di riprendersi dalle pesanti tassazioni necessarie a sostenere le spese per il patrocinio legale della causa a Firenze. Il periodo di calma permise ai monaci di meditare su una cattiva amministrazione che non riusciva neppure a riscuotere i canoni degli affitti delle terre e di organizzare la loro presenza all’interno del castello di Monteverdi con l’acquisto di alcune case, con la costruzione di una nuova chiesa conventuale, mantenendo saldamente il patronato della pieve di S. Andrea.

Nel 1581 sorsero questioni di confine tra la Comunità di Volterra - ovvero tra i monaci di Vallombrosa in quanto proprietari delle Ville - affittuaria in perpetuo dal 1366 del pascolo delle Ville in forza di un contratto stipulato dall’abate Cambi e Bernardo Soderini proprietario di Castiglioncello di Bolgheri. La questione sfociò in una causa portata di fronte ai Signori Nove Conservatori della Giurisdizione i quali fecero riconfinare i territori ristabilendo[1] le rispettive proprietà.

In quegli anni molti territori, e specialmente quelli di cui i Signori erano compartecipi dei frutti del pascolo, furono soggetti ad occupazioni e trasformati da incolti a seminativi, anche spostando e distruggendo i termini confinari. Questa pratica di invasione strisciante fu operata da affittuari, singoli proprietari e intere comunità, ma anche da Signori nei confronti dei confinanti, come sottolinea nel 1627 don Garzia Montalvo signore di Sassetta nei suoi Ricordi[2], difendendola come politica redditizia, anzi l'unica capace di avvantaggiarlo diminuendo la quota dei signori Della Gherardesca compartecipi alla metà dei frutti del pascolo. Attraverso la sua testimonianza possiamo brevemente ripercorre la complessa situazione dei diritti gravanti sulle proprietà terriere: premesso che il Diretto Padrone è Sua Altezza Serenissima e che non è possibile dividere e mettere i termini della Sassetta per riconoscere i Beni toccanti a loro Signori in quanto detti Confini già sono stati messi, e Sua Altezza non puol volere restringerli. Tanto più che quello che hanno i Signori Conti è solamente il Jus Pascendi, che è in Aria, e non in Terra; et altro non possono pretendere. Ai feudatari di Sua Altezza spetta solo affittare dette Entrate, infatti non spettano a detto Conte i Terreni ma strettamente l’Erbe, e perciò sono esenti dalle Decime perché non vi è Fondo, ma semplicemente l’Entrate. Fondamento vero che qualsivoglia divisione non ci può essere. La vertenza, iniziata nel 1507 e continuata nel 1560, fu sottoposta nel 1584 alla giustizia granducale che con formula ambigua ordinò di dividere il Tenimento di Sassetta. Ma il Montalvo replicò che non se li aspetta altro che la metà del Pasco; e che Pasco non vuol dì altro che Erba, Ghianda, Foglia et Aqqua per il Bestiame, et in quella parte solamente che in quell’Anno si chiami Pasco e sia bandita per tale: chè in quella altra metà non ci può haver parte, Aggiungendo et se il Conte fusse stato padrone della metà del Tenimento della Sassetta, n’harìa pagato la decima. Ma perché è solo padrone della metà del Pasco, quale è in aria, e senza fondo non è tenuto alla Decima. E conclude: la Ghianda della sughera entra nel Pasco; ma non già le Sughere perché queste non cascano: ma è Jus del proprio Signore. E così si pratica in Maremma; et in particulare a Monti Verdi, che i frati della Vallombrosa vi hanno la medesima Jurisdizione.

Proprio per arginare la lenta spoliazione dei possedimenti i monaci di Vallombrosa il 26 novembre 1585 affidarono al Reverendo Don Mauritio Rosini, Camarlingo e Procuratore della Badia di S. Piero di Monteverdi e di Vallombrosa, il compito di effettuare una esatta ricognizione dei territori di Monteverdi. Con encomiabile solerzia il 25 gennaio don Rosini, Mastro Francesco Anetrini, in passato Capo Maestro dei Capitani di Parte di Firenze ed ora Misuratore dei Monaci di Vallombrosa, ser Lorenzo Resi ufficiale del Castello di Monteverdi e ser Lorenzo Landucci, ufficiale e potestà di Sassetta, alla presenza di vari testimoni fecero la ricognizione e la confinazione dei pascoli tra l’abbazia di S. Pietro di Monteverdi e Sassetta. L’atto[3] fu stilato direttamente dall’ufficiale di Monteverdi e di tale terminatione non se ne fece strumento pubblico mediante, che io non avevo Protocollo, e ancora il Potestà della Sassetta sopranominato non poteva rogare, e ancora mediante che all’intorno per queste Castella non ci erano Notai, il 10 febbraio 1586, datato 1585 secondo il computo di Firenze.

Il 15 aprile fu la volta dei terreni della Badia confinanti con il tenimento di Caselle: gli aspetti tecnici furono affrontati in località Renzano di Caselle e l’atto notarile nella chiesa di S. Lorenzo di Canneto[4] alla presenza dei soliti rappresentanti dei monaci e dei rappresentanti delle comunità interessate.

Il giorno seguente, 16 aprile 1586, nella pieve di Canneto fu redatto l’atto[5] di confinazione dei beni dell’abbazia di S. Pietro riguardanti il pascolo di Monteverdi, delle Ville, di Lustignano e di Canneto in cui si lamenta la totale assenza di termini confinari con Monteverdi e le Ville, nonostante il territorio di quest’ultima fosse stato riconfinato appena cinque anni prima. Confrontando questa terminazione con quella del 1581 si nota l’intervento del maestro Misuratore che introduce una raffinata tecnica contemplante l’uso dei gradi per indicare l’orientamento delle linee, una accurata misura basata sui passi, l’incremento dei punti di riferimento e dei termini, infine una dettagliata toponomastica, vero tesoro tramandato ai posteri. Sempre nella chiesa di S. Lorenzo di Canneto, il 17 aprile venne rogato[6] l’affitto triennale dei pascoli di Canneto di proprietà della Badia agli uomini del Castello di Canneto, con le clausole che in caso di mancato pagamento per due anni il contratto fosse sciolto et che la Badia possa sempre chiedere il terratico de’ Beni, che saranno smacchiati come si è costumato per l’addietro. Il contratto con i rappresentanti della Comunità, presenti per sé e in nome di tutti gli uomini del Castello come riceventi e accettanti, sembra assumere titolo di ricompensa per l’astensione di Canneto dalla causa del 1568 e riconferma esplicitamente il diritto della Badia a richiedere il terratico anche per i terreni smacchiati e poi seminati, nonostante vengano seminati un anno si e uno no, secondo le antiche usanze.

Il giorno successivo nella pieve di S. Andrea di Monteverdi, dopo aver di comune accordo apposto e murato i termini tra i beni della Badia di S. Pietro e i beni degli uomini del Comune (comunali) e della loro Banditella, nonché della Comunità di Monteverdi, ovvero i beni loro riconosciuti anche nella causa del 1568, fu sottoscritto la confinazione[7] nella quale non si rinunciò a segnalare  trattarsi di un accordo pacifico affinché si tolga la facoltà agli uomini del Castello di Canneto, e agli uomini del Castello di Monte Verdi di accusare, in quanto accusano ogni giorno del loro bestiame, dimostrando che la sentenza Torelli non aveva sopito le rivendicazioni degli uomini di Monteverdi che continuarono fino a quei giorni.

Trascorsero pochi giorni e il 26 aprile, nella pieve di S. Michele in Volterra, venne redatta la confinazione[8] tra i beni della Badia e i possedimenti di Monte Rufoli, proprietà di Mario Maffei nobile volterrano.

Con la stesura del documento[9] del 6 maggio 1586 nel castello di Querceto si concluse l’intensa attività del procuratore dei Monaci di Vallombrosa: i pascoli di Monteverdi furono affittati per un triennio al volterrano Giovanni Lisci, affidandogli il compito di riscuotere i terratici di Monteverdi ma anche di Canneto. Il volterrano Lisci si era da tempo installato a Monteverdi a Castel Lisci, l’attuale Castelluccio di Gualda praticando una conduzione dei terreni che valsero una citazione e un giudizio favorevole nel Rapporto[10] al Granduca sui problemi della attività agricola nella Maremma Volterrana del 1596: Ridursi finalmente il paese bello et accomodato di Case, Colombaie, Vi­gne et Chiuse d’ogni sorte di frutti ripiene, come ne vediamo l’esempio in Querceto, in Villamagna, nella Volpaia, nelle Ville et parte di Monte Verdi a Castel Lisci.

Lo spirito che guidò i Monaci in tutta questa complessa operazione di apposizione dei termini emerge lucidamente nella stesura dettagliata delle modalità d’uso dei terreni boschivi, seminativi e dei pascoli, vincolando l’affittuario a non attuare una politica di sfruttamento selvaggio dei terreni: dovendo detto Giovanni l’ultimo anno della sua condotta secondo che si usa per gli altri paschi ne tempi ordinari, cioè a mezzo Agosto fare sgombrare, menar via li bestiami delle Bandite, e rendite di detto pasco, e non pascere se non ne pascirivi, e usi come dicono, e ottenendo licentia di tagliare, e di sboschare non possa farlo se non ne boschi, che siano utili tagliarsi per il pasco, e riservare li utili per il bosco senza tagliare, e in conclusione si attenda a tagliare, e seminare in quelli luoghi, che siano per essere utili alla pastura, sempre che se ne sia cavati tre, o quattro volte li grani.

I Vallombrosani riuscirono con questa imponente opera di ricognizione fondiaria a ristabilire il controllo sui loro possedimenti, quale base necessaria per impostare una corretta amministrazione finanziaria basata su contratti di affitto triennali, delineando chiaramente i loro beni, con termini murati di comune accordo, così sottraendoli alle occupazioni abusive dei confinanti.

Tuttavia il migliore risultato l’ottennero con la totale esclusione dei monteverdini, con l’eccezione delle loro poche proprietà, dai pascoli di Monteverdi tutti affittati a Giovanni Lisci: e perché li Superiori molte volte hanno inteso, che li huomini hanno alterato li confini, e cercato far ordini, e Statuti in pregiuditio della Badia di Monte Verdi, non voglion, che per questo tempo detta locatione, e affitto si eserciti per huomini di Monte Verdi, ma da lui proprio, o da Ministri che non siano di detto populo ecc. Una meditata ritorsione contro la comunità di Monteverdi che nel 1568 li portarono in giudizio per vedere riconosciuti i loro diritti.



[1] “Tirando una linea retta, dal Botro della Lastra, o Piastre, che sbocca nella Sterza, et ascende su verso Monte Pappeo ove sono certi lecci grossi, che ascendendo su La Serra vadi direttamente a trovare il tronco della Quercia grossa tagliata, nella quale secondo i testimoni erano certe croci antiche. Et da quella tirando un'altra linea parimente retta dall'altra banda, cioè per discendere al Botro delle Ficaie, o Cannucce, che rimette nel Rio Petroso. Et per maggior chiarezza doversi porre un termine contiguo alla Via Maestra, che corre per mezzo di detto terreno, che corrisponda al detto tronco di quercia. Talché di tutto quello che sopra dette due linee rette così tirate e da tirarsi resterà verso Monte Pappeo rimanghi il possesso a detto Soderini; et di quello che resterà sotto le dette linee tra detti duoi Botri delle Lastre, o Cannucce, verso le Case, et Capanne delle Ville rimanghi in possesso alla detta Comunità”. M. Bartolini, Sassetta nei secoli, pag. 91, Livorno, 1990.

[2] Garzia Ramirez de Montalvo, Ricordi attenenti allo Stato et Territorio della Sassetta, a cura di M. Bartolini, pag. 56 e segg., Livorno, 1995.

[3] 1586 Atto del 10 febbraio: i confini tra l’abbazia di S. Pietro di Monteverdi e Sassetta.

Adì 10 di Febbraio 1585 al Fiorentino.

Fassi fede per me Ser Lorenzo Resi della Pieve a Santo Stefano al presente Offitiale del Castello di Monte Verdi Capitanato di Volterra come è vera cosa, che insino sotto dì 25 di gennaio prossimo passato a requisizione del Rev. D. Mauritio Rosini al presente Camarlingo, e Procuratore della Badia di S. Piero di Monte Verdi, e di Valombrosa come per sua procura appare per mano di Ser Bartolo già di Agnolo di Luca de Tortoli del fiume della Gattonaia sotto il dì 26 di Novembre 1585 da me vista e letta mi trasferii su confini fra il pasco di detta Badia di Monte Verdi, e Sassetta per riconoscere i termini, e confini, che dividono i detti paschi. Dove trovammo Ser Lorenzo Landucci da Samminiato al Todesco al presente offitiale, e Potestà di detta Sassetta mandato dall’Illustriss, D. Giovanni già di Monte Alvo Signore di detta Sassetta, come si vede dalla sua fede nella retrofaccia, e così d’accordo, e insieme feceno detta ricognitione, e cominciorno da un luogo dove comincia fra di loro tal confinatione detto il botro, o vero rio di Selva Fontanella dove è un termine quale va retta linea ad un altro termine posto alla serra della selva, e in quello mezzo fra detti dua termini sopra un serretto si piantò un nuovo termine, quali termini cascano sotto la linea d’Ostro a gradi quaranta siccome disse Maestro Francesco di Gio. Batista Anetrini già Capo Maestro a Capitani di Parte di Firenze, e oggi Misuratore de Monaci di Valombrosa, e da detto termine della Selva si va retta linea a un altro termine detto il termine della Sedice sotto la medesima linea d’Ostro, e da detto termine della Sedice si va giù per detta Sedice, e si cammina verso il poggio alla Bernarda, nel qual poggio è un termine sotto la linea di scirocco a gradi 30 e fra detto termine, e detta Sedice si è posto un nuovo termine sotto detta linea di scirocco a gradi 30 retta linea sempre, il qual termine del poggio alla Bernarda fa angulo, e volta per la serra di detto poggio dove sono termini numero 3 e dall’ultimo termine della detta serra si cala retta linea in un botrello detto il botro della Bernarda su qual botrello è un termine che con numero de 3 sopra detti sono in tutto numero 4 quali tutti callano sotto la linea di levante a gradi 25 e dal detto termine del sopradetto botrello si volta giù per esso fino a dove mette nella Cornazana a dove sopra la riva di detta Cornazana, e Botrello si trova un altro termine quale termine casca sotto la linea di levante a 10 gradi, e entra nella detta Cornazana quale seguita insino, che mette nel fiume del Lodano, e il Lodano mette nella Massera, e la Massera mette in Cornia, quale seguita ecc. Qual recognitione fu fatta non solo fra di loro, ma alla presentia ancora del sopradetto maestro Francesco, e di Pagolo di Piero Antogn. e Santi di Piero Michele ambi dua della Sassetta, e di Maestro Bastiano da Libbiano, e di Lorenzo di Mario Comune da Monte Verdi, quale servono per testimoni.

Et io Ser Lorenzo sopra detto ho fatto la presente di mia propria mano questo dì, e anno sopra detto, e di tale terminatione non se ne fece strumento pubblico mediante, che io non avevo Protocollo, e ancora il Potestà della Sassetta sopranominato non poteva rogare, e ancora mediante che all’intorno per queste Castella non ci erano Notai; Ma questa fede da me fatta abbia quella forza, come se fusse strumento per essere stata così la verità mi sottoscriverò di mia propria mano ecc. Ego Laurentius Ascanii de Resis de Plebe ad Sancti Stephani Offitialis Castri Montis Viridis de Praedictis fidem feci, e quorum in fidem.

[4] 1586 Atto del 15 aprile: i confini dell’abbazia di S. Pietro e Caselle.

Terminazione dei beni fatta dal Molto Reverendo Signor Maurizio De Rosinis monaco dell’Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, camarlingo e procuratore della stessa Abbazia il cui mandato appare per pubblico Istrumento redatto dall’egregio Ser Bartolomeo di Angelo Luca De Tortolis del fiume Gattario del Mugello, notaio pubblico fiorentino, sotto il dì 26 del mese di novembre 1585 riscontrato nel Pubblico Archivio Fiorentino ecc, tra i beni del Tenimento dell’Abbazia di San Pietro di Monte Virido unita alla predetta Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, da una parte col Signor Giovanni di Giusto di Gotti di Volterra coi suoi beni situati nel Capitanato di Volterra nella Corte di Canneto, e dall’altra il Tenimento di Caselle, tra le parti con concordia e unanime volontà fatta e firmata mediante gli infrascritti termini apposti, descritti e designati dall’esperto Magnifico Francesco di Giovanni di Battista di Anitrini di Terra Nova capo Maestro assieme a me Notaio e i testi infrascritti la quale terminazione è infrascritta e descritta per migliore e più chiara comprensione in lingua materna.

Comincia il confino fra li sopradescritti Tenimenti del Pascho di Monte Verdi, Beni della Badia e il Tenimento e Pascho di Caselle nel fiume della Stezzuola dove mette e sbocca il Botro della Fonte del Poggio di Ciola, che parte fra Renzano Beni di detto Giovanni Gotti e li Rondinini Beni di detta Abbatia, e seguendo per all’insù detto Botro della Fonte arriva al primo termine per dette parti posto vicino a detto Botro della Fonte braccia dieci, e volgendosi a man destra fra il Poggio di Ciola e Renzano verso Ponente a gradi 44 arriva per l’insù a un secondo termine distante dal primo per passi 170 in circa; et da detto secondo termine pure all’insù retta linea sotto li medesimi gradi di Ponente partendo arrivasi al terzo termine seguendo su per lo Schenale del Poggio di Ciola vicino allo Scamporato distante dal secondo per spazio di braccia 220 in circa. Dal quale seguendo retta linea sotto li medesimi gradi di Ponente si arriva al quarto termine distante dal terzo per spazio di braccia 300 in circa. Et partendo da esso per retta linea, e sotto li medesimi gradi si conduce al quinto termine, il quale fa angolo, e si volta a man sinistra verso Ponente a gradi 27, e è distante dal quarto per spazio di passi 300. Dal quale discendendo all’ingiù retta linea sotto li medesimi gradi 27 di Ponente giù per lo Schenale del Serretto si arriva al sesto termine distante dal quinto per spazio di passi 265 e da detto sesto termine per detto Schenale sotto li medesimi gradi pure all’ingiù si arriva al settimo, e ultimo termine distante dal sesto per spazio di passi 250 quale è posto a piè d’un leccio grosso crociato fra certi cierri sopra il Fiume della Sterza circa braccia 200 dove confina il Tenimento di Caselle mediante li Beni chiamati Renzano con l’Abbatia di S. Piero di Monte Verdi mediante li Beni chiamati il Poggio di Ciola apiè di detto Poggio, e arriva nel Fiume della Sterza, e sopra detto Fiume terminasi con detti Tenimenti per quanto vanno in su li Beni di Caselle.

Tutti i predetti atti si fecero nel Tenimento di Caselle luogo detto Renzano, Capitanato di Volterra, e nella pieve di San Lorenzo di Canneto alla presenza di Antonio Giovanni di Luca di Monte Verdi, Marco di Luca Marci di Pontito Comitato di Lucca, Cristofano Pacini di Tancredi della Sassa e Antonio di Alessandro Ant. detto il Bologna Colono partiario nel Tenimento di Caselle testi. Io Niccolò di Pietro Niccolai di Compagni notaio ecc.

[5] Atto del 16 aprile: i confini tra i beni dell’abbazia di S. Pietro, Monteverdi, le Ville, Lustignano e Canneto.

Quando da parte dei Monaci dell’Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa fu portato alla presenza del Magnifico Magistrato dei Signori Nove della Giurisdizione e Dominio Fiorentino il loro desiderio di revisionare e controllare tutti i loro Beni che possiedono nel Capitanato e Comitato di Volterra al fine di ritrovare i termini apposti dei loro detti Beni e dove fossero distrutti restaurarli e ove scomparsi porli nuovamente e dal suddetto Magnifico Signore dei Nove fu scritto al Magnifico Capitano della Città di Volterra che ogni qual volta fosse richiesto da parte dei detti monaci mediante loro Procuratori e Agenti fosse lui stesso giudice sul luogo dei detti Beni per effetto di quanto sopra […] In ogni caso fu notificato ai Rappresentanti della Comunità Volterrana che i predetti Monaci desideravano apporre i termini tra Beni del pasco di Monte Verdi, Beni dei detti Monaci, e Beni del pasco delle Ville Beni di detta Comunità e anche tra i Beni del pasco di Lustignano e Canneto, e fra detti Rappresentanti furono eletti gli infrascritti per fare la nuova terminazione nei luoghi nei quali l’opera necessita, e per questo si recarono ai detti Beni e il Procuratore dei Monaci e gli eletti della Comunità con il Signor Giudice dei Magnifici Signori Capitani Volterrani e videro e osservarono che non esisteva nessun termine tra il pasco di Monte Verdi, e pasco delle Ville. Desiderando i termini tra detti Paschi e pro bono pacis apporli.

Quindi personalmente presente di fronte al Magnifico ed Eccellente Signor Cosmo di Lorenzo de Cicogninis di Prato attualmente Giudice e Assessore dei Magnifici Signori Capitani della Città di Volterra io Notaio, e i testi infrascritti Reverendo Signor Maurizio De Rosinis procuratore dei monaci dell’Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, come da suo Mandato consta e appare per pubblico Istrumento per mano di Ser Bartolomeo di Angelo Luca De Tortolis del fiume Gattario del Mugello, notaio pubblico fiorentino, sotto il dì 26 del mese di novembre 1585 riscontrato nel Pubblico Archivio Fiorentino ecc, e il Magnifico e Eccellente Signor Cornelio de Honestis di Castiglione attualmente Cancelliere della Magnifica Comunità di Volterra Signor Giovanni Giusti di Gotti, e Zaccaria di Rainaldo de Contugiis due di quattro Pascuari della Comunità per parte di detta Comunità, e Comune con la concordia di tutti e unanime volontà di tutti si ispezionò prima e diligentemente esaminati i luoghi dei pascoli raccogliendo informazioni dai pratici dei luoghi e custodi che fino al momento ebbero in custodia i pascoli, fu descritta, fatta, e posta l’infrascritta terminazione tra i pascoli di Monte Verdi e i pascoli delle Ville che a più chiara intelligenza e migliore evidenza in lingua materna sono descritti.

Il confino fra il Tenimento e Pascho di Monte Verdi Beni della Badia di S. Piero di Monte Verdi unita alla Badia di S. Maria di Vallombrosa, e il Tenimento, e Pascho delle Ville Beni della Comunità di Volterra comincia al guado del Botro alla lastra, e partendosi per detto Botro su per la Sterza arriva al Botro del Rio, e seguendo su per detto Botro per all’insù arriva a un primo termine per dette parti posto vicino a detto Botro braccia sei a gradi 25 per all’insù arriva al secondo termine distante dal primo per spatio di passi 234 in circa posto vicino a un aja chiamata l’aja di Iacopetto. Dal quale secondo termine retta via per all’ingiù sotto li medesimi gradi si arriva al terzo termine distante dal secondo per spatio di passi 240 posto sopra una fonte chiamata la fonte dell’aja di Iacopetto per braccia sei in circa, dalla qual fonte ha origine un botrello, che mette nel fiume di Sterza, il qual botrello serve, e sta, siccome servir vogliano, e intendeno dette Parti per confino fra detto Pascho di Monte Verdi; e Pascho delle Ville per tanto quanto mette nelle Sterza.

[…] Tutti gli atti si fecero prima nel Pascho di Canneto Capitanato di Volterra e poi nella pieve di S. Lorenzo di Canneto alla presenza di Marco di Luca Marci di Pontito Comitato di Lucca, Antonio Bartolomeo detto il Bianco di Monte Verdi, Alterio di Sebastiano M. Petri di Canneto e Andrea di Antonio Giuliano di detto luogo testi ecc.

Io Niccolò di Pietro Niccolai di Compagni notaio ecc.

[6] 1586 Atto del 17 aprile: affitto dei pascoli di Canneto agli uomini del Castello di Canneto.

Come il Rev. Don Maurizio de Rosinis di Firenze Camarlingo e Procuratore dei Monaci e dell’abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, e dell’Abbazia di San Pietro di Monte Verdi unita a detta abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, abbia tra l’altre nel suo mandato la facoltà di affittare per un triennio il pasco del Castello di Canneto spettante a detta Abbazia di San Pietro agli uomini di detto Castello per rogito di Ser Bastiano di Tortoli del fiume Gattario del Mugello Notaio pubblico Fiorentino sotto il dì 26 del mese di novembre 1585 raccolto e riscontrato nell’Archivio Fiorentino ecc. in vigore di detta autorità, e in ogni altro miglior modo per se e i suoi successori in detta abbazia concede in affitto per un triennio.

Agli uomini del Castello di Canneto e per loro Giovanni Baldassarri Preposto, Lorenzo di Blasio, Valerio di Domenico del luogo Bartolomeo di Pietro Antonio ufficiali, e Sebastiano di Francesco Camarlingo di detta comunità presenti per sé e in nome di tutti gli uomini del Castello come riceventi e accentanti.

I pascoli del Castello compresi acqua, ghiande, erba, e foglia per affitto annuo di libbre cento quaranta e una libbra di cera bianca, da pagarsi annualmente entro la fine di maggio, e la prima rata inizia e devono pagare i conduttori l’ultimo giorno del mese di maggio 1586, la qual odierna locazione iniziò l’ultimo giorno di maggio 1585 e segue e deve finire per tutto il mese di maggio 1588 i quali pascoli contengono tutte le terre, e pezzi delle terre lavorative, sodive, boschive e macchiose situate nella pastura della corte di Canneto tra i confini e i termini infrascritti nuovamente descritti e posti per la conservazione dei pascoli qui descritti in lingua materna.

Incomincia dal fiume della massera a piè della Serra de’ Rusticucci, o vero del Migliorini, et sopra detta Massera fino al suo capo, et dal detto capo della Massera per linea retta fino al termine della Cala al Granaiuolo, et da detta Massera in fino al Granaiuolo non vi si è messo alcun termine per essere l’uno, et l’altro Pasco di detti Monaci, et dal detto termine di Granaiuolo si volta a man sinistra retta linea per la piaggia della Pereta fino al termine su la Serra a Leccioni, et partendosi a la detta Serra, o vero di su la via che va a Lustiniano a Canneto, e da Canneto a Lustiniano arriva al termine posto presso al Botrello, che mette nel Retasso a piè di Monte Cecchino, et seguitando detto Ritasso fino al Rio di Chantenna dove detto Rio va fino a un termine posto in su la riva del detto Rio sotto la linea di tramontana a gradi quarantadue, et dal detto termine voltandosi a man sinistra si va ad un altro termine posto a piè della Lama di Chantenna sotto la linea di ponente a gradi quarantadue. Dal qual termine partendosi si va a un termine posto luogo detto la Pruniccia vicino alla strada che va a Monte Rufoli. Dal quale si arriva a un altro termine luogo detto il Colle delle Suverelle, et di quivi partendosi si va a un altro termine posto al guado ol rimandio sopra li Albilori, et si arriva di poi a un altro termine posto sulla Serra alla Croce, e da detto termine pigliando il Rio di Carraboccio giù per detto Rio ritorna nel Ritasso, et seguita detto Ritasso fino che mette nella Sterza. Et qui deve cominciare, et comincia la Selva al Mingniolo quale è concessa a livello perpetuo a detti uomini di Canneto compresa negl’infrascritti confini a primo via, che va a Volterra, a 2 la Sterza, a 3 il Ritasso, a 4 beni di Caselle, della quale detti Rappresentanti pagano libbre sei di cera, e per gli altri obblighi, come infrantoio, casalino, per la casa, et mulino in tutto lire quattordici l’anno. Con patto che mancando due anni continui ricade a detta Abbazia, et con patto, che in detta locazione non s’intendono restare compresi alcuni de’ Beni che ne sogliano detti Uomini pagare il Livello annuale alla Badia. Con patto di più che se mai lasciassero detto Pasco, sia lecito a detti Uomini pasturare con le loro bestie dome solamente. Et che la Badia possa sempre chiedere il terratico de’ Beni, che saranno smacchiati come si è costumato per l’addietro; Et segue di poi detto confino su per la Sterza fino alla bocca della Sterzuola, et piglia su per detta Sterzuola a dove continua il Colle di Giovannino, et piglia su per detto Colle fino a un termine posto sulla serra di detto Colle. Et quivi si parte per linea retta, e va dove principiano le Fragnete fino sulla serra del Guado Volterrano, et di quivi a linea retta va fino a un termine posto vicino alla strada, che va a Monte Verdi per la Serra luogo detto Dogha, et di quivi camminando a retta linea arriva a un altro termine luogo detto il Debbiaccio di Antilio vicino alla strada de’ Migliorini che va a Monte Verdi, et si cammina per linea retta infino a un termine posto luogo detto Rio vivo, et pigliando detto Botro di Rio vivo arriva alla Massera.

[…] Atto nella pieve di S. Lorenzo del castello di Canneto sede del Comune alla presenza dei testi M. Francesco di Giovanni Battista de Anichinis di Terra Nuova e Marco di Luca di Marco di Pontito comitato di Lucca. Io Niccolò di Pietro Niccolai di Compagni notaio ecc.

[7] 1586 Atto del 18 aprile: i confini tra l’abbazia di S. Pietro e Comunali, Banditella e Comunità di Monteverdi.

Quando il Reverendo Signor Maurizio De Rosinis di Firenze in qualità di Camarlingo e Procuratore dei Monaci dell’Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, come appare per pubblico Istrumento redatto da Ser Bartolomeo De Tortolis del fiume Gattario del Mugello, sotto il dì 26 del mese di novembre 1585 riscontrato nel Pubblico Archivio Fiorentino ecc, espose agli uomini e rappresentanti della Comunità del Castello di Monte Verdi il suo citato desiderio essere di apporre e murare i termini tra il pascolo di Canneto beni della Abbazia di San Pietro di Monte Verdi unita alla predetta Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, e i Comunali, e Banditella di detti uomini, e della Comunità di Monte Verdi, pacificamente e quindi per qualunque degli stessi loro beni possa verificare, e poi appunto affinché si tolga la facoltà agli uomini del Castello di Canneto, e agli uomini del Castello di Monte Verdi di accusare, in quanto accusano ogni giorno del loro bestiame, e i predetti di Monte Verdi compiacendo il desiderio diedero facoltà ad Antonio di Giovanni Luca preposto, e Domenico Santini col detto Signor Maurizio di fare la predetta terminazione, designando i termini, ponendo e murando come dette parti asserirono, e dal predetto Antonio e Domenico fu fatta, apposta e murata la terminazione come appare e si può vedere per più chiara intelligenza dal discorso in volgare.

Che il confino fra il pascho di Canneto, e li Comunali, et Banditella di Monte Verdi comincia sulla riva della Sterzuola vicino a detta Sterzuola braccia 50 in circa, dove si mette il primo termine sopra un serretto dove comincia il Colle di Giovannino, e seguitando su per detto Colle di Giovannino verso la linea di scirocco a gradi dieci in su la serra di detto Colle si messe, e murò il secondo termine.

Dal quale seguitando per linea retta sotto li medesimi gradi si arriva al terzo termine posto dove principia la Fragneta, e seguitando sotto la medesima linea retta si arriva al quarto termine posto vicino alla strada, che va a Monte Verdi detto il Vado Volterrano, e di quivi camminando per la medesima linea si arriva al quinto termine posto in luogo detto Doglia vicino alla strada di Maremma circa braccia dieci, e camminando per la medesima linea retta si arriva al sesto termine posto in luogo detto il Debbiaccio d’Antilio vicino alla strada detta la via de’ Migliorini, e di quivi partendosi caminando per la medesima linea retta si arriva al settimo termine posto in luogo detto Riovivo vicino al botro di Riovivo a braccia 70 in circa, e dal detto settimo termine partendosi si va per il botro di Riovivo fino alla Massera, e si va per detta Massera fino al termine del Granaiuolo, dove non si messero termini per essere l’uno, e l’altro pascho della Badia predetta.

Presenti di fronte a me notaio costituiti i testi infrascritti Marco Antonio Gaspari e Gaspare Domenico Ufficiali e inoltre Iacobo di Pietro di Maria Camerario della Comunità di Monte Verdi rappresentanti della Comunità con Antonio di Giovanni Luca Preposto […]

Atto nel Castello di Monte Verdi nella pieve di S. Andrea alla presenza di M. Francesco di Giovanni Battista de Anitrinis di Terra Nova, e Carlo Thoma di Sambuca della montagna Pistoiese testi.

Io Niccolò di Pietro Niccolai di Compagni notaio ecc.

[8] 1586 Atto del 26 aprile: i confini tra l’abbazia di S. Pietro e Monte Rufoli.

Tra il Reverendo Signor Maurizio De Rosinis di Firenze quale Camarlingo dei monaci dell’Abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, come da sua procura appare per pubblico Istrumento per mano di Ser Bartolomeo di Angelo Luca De Tortolis del fiume Gattario del Mugello, notaio pubblico fiorentino, sotto il dì 26 del mese di novembre dell’anno 1585 riscontrato nel Pubblico Archivio Fiorentino ecc. da una, e il presbitero Ottaviano di Michele Angelo dello Spenditore di Volterra per mandato del Magnifico Signor Mario di Giulio de Maffeis Nobili Volterrani dall’altra, sempre sotto il dì 21 del mese di marzo prossimo passato 1585 fu fatta, descritta e posta l’infrascritta terminazione tra il pascolo di Canneto, beni dell’abbazia di San Pietro di Monte Verdi unita all’abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, e tra i pascoli e possedimenti di Monte Rufoli beni del suddetto Signor Mario la cui terminazione con gli infrascritti tenori e contenuti meglio appare espressa in lingua materna.

Il primo termine, che divide il pascho di Canneto dal pascho e tenimento di Monterufoli si messe, e murò per dette Parti in detti modi, e nomi dove il botro di Chiantenna mette nel Ribasso presso alla boccha di detto botro circa braccia dieci dalla parte di verso levante. Il secondo termine si pose, e murò in capo del botro di Chiantenna verso ponente per linea retta, intendendosi come va il botro di Chiantenna sotto la linea di tramontana a gradi 42 il quale secondo termine fa angolo, e si volta a man sinistra al terzo termine quale è posto a piè la lama di Chiantenna sotto la linea di ponente a gradi 42. Il qual terzo termine va diretto al quarto termine posto in luogo detto la Pruniccia vicina alla strada, che va a Monterufoli sotto Sorboli sotto la medesima linea di ponente a gradi 42. Il quarto termine fa angulo, e si volta al quinto termine sotto la linea di Maestro a gradi 28 in luogo detto il Colle delle Suvere, e dal quinto termine si va al sesto posto al guado di Rimandrio sopra gli Albiroli vicino alla via, il quale sesto termine sotto la linea di Maestro a gradi 28 fa angulo, e va al settimo posto sulla Serra alla Croce al Gabbia sotto la linea di ponente a gradi 39 e di quivi si piglia il rio di Cartabocci fino a dove mette nel Retasso.

[…] Atto in Volterra nella pieve di San Michele contrada Sant’Angelo alla presenza del Signor Mario e dei testi Giovanni di Marcetti Cini de Lisci di Volterra e Marco di Luca Marci di Pontito Comitato di Lucca testi.

Io Niccolò di Pietro Niccolai di Compagni notaio ecc.

[9] 1586 Atto del 6 maggio: affitto dei paschi di Monteverdi per tre anni a Giovanni Lisci .

Atto nel castello di Querceto Capitanato di Volterra presso gli eredi del fu Ambrogio di Blanchini del detto luogo presenti parimenti Marco di Luca di Pontito Comitato di Lucca e Maestro Francesco Giovanni Battista de Anitrini di Terra Nova testi.

E’ chiaro come il Rev. Signor Don Maurizio fu Francesco di Firenze Camarlingo e Procuratore dei Monaco e dell’abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, e dell’Abbazia di San Pietro di Monte Verdi unita a detta abbazia di Santa Maria di Valle Ombrosa, abbia tra l’altre la facoltà di confermare per un triennio il pasco di Monte Verdi spettante a detta Abbazia di San Pietro al Signor Giovanni fu Mariotti di Ottaviano de Lisci Cittadino Volterrano come da detta procura e mandato come appare dal pubblico istrumento rogato per mano di Ser Bartolomeo fu Luca di Tortoli del fiume Gattario del Mugello Notaio pubblico Fiorentino sotto il dì 26 del mese di novembre 1585 raccolto e riscontrato nell’Archivio Fiorentino ecc. in vigore di detta autorità, e in ogni altro miglior modo per se e i suoi successori in detta abbazia tramite questo pubblico strumento conferma e affitta per un triennio il pasco dell’abbazia di Monte Verdi a Giovanni fu Mariotti de Lisci soprascritto. Che il pasco fu già locato a frate Raffaello Converso di Santa Maria di Valle Ombrosa tramite scrittura privata sotto il dì 28 del mese di giugno prossimo passato, anno del Signore 1585 e detta locazione è concessa subito eseguita tuttavia fu iniziata nel giorno di San Michele nel mese di settembre 1585 e deve terminare alla fine del mese di settembre 1588 nello stesso giorno, con i patti infrascritti qui volgarmente descritti; Per prezzo di scudi mille dugento settanta di moneta di lire sette per scudo da pagarne ogni anno la terza parte in questo modo, cioè scudi trecento per la Festa dello Spirito Santo, e il restante per tutto agosto di ciascheduno anno, dovendone detto Giovanni, come per le altre locationi si è usato godere erbe, foglia, e acqua, e riscuoterne li terratici così di detta Badia, come li terratici de beni, che detti Monaci posseggano in Canneto, dovendo detto Giovanni l’ultimo anno della sua condotta secondo che si usa per gli altri paschi ne tempi ordinari, cioè a mezzo Agosto fare sgombrare, menar via li bestiami delle Bandite, e rendite di detto pasco, e non pascere se non ne pascirivi, e usi come dicono, e ottenendo licentia di tagliare, e di sboschare non possa farlo se non ne boschi, che siano utili tagliarsi per il pasco, e riservare li utili per il bosco senza tagliare, e in conclusione si attenda a tagliare, e seminare in quelli luoghi, che siano per essere utili alla pastura, sempre che se ne sia cavati tre, o quattro volte li grani, e perché li Superiori molte volte hanno inteso, che li huomini hanno alterato li confini, e cercato far ordini, e Statuti in pregiuditio della Badia di Monte Verdi, non voglion, che per questo tempo detta locatione, e affitto si eserciti per huomini di Monte Verdi, ma da lui proprio, o da Ministri che non siano di detto populo ecc. Cominciandosi al fiume detto la Sterzuola dove il botro della Fonte del Poggio di Ciola mette, e sbocca, che parte fra Renzano beni di Messer Gio. Gotti da Volterra, e li Rondinini beni di detta Abbadia, e seguendo per all’indù detto botro della Fonte arriva a un primo termine per detta parte posto vicino a detto botro della Fonte braccia dieci, e volgendosi a mano destra fra il Poggio di Ciuola, e Renzano verso ponente a gradi 44 arriva per all’insù a un secondo termine distante dal primo per passi 170 in circa, e da detto secondo termine per all’insù per retta linea sotto li medesimi gradi di ponente, partendosi, arrivasi al terzo termine, seguendo su per lo schienale del Poggio di Ciola vicino allo Scamporato distante dal secondo per spatio di braccia 220 in circa, dal quale seguendo retta linea sotto li medesimi gradi di ponente si arriva al quarto termine distante dal terzo per spatio di braccia 300 in circa, e partendo da esso per retta linea, e sotto li medesimi gradi si conduce al quinto termine, il quale fa angulo, e si volta a mano sinistra verso ponente a gradi 27 e è distante dal quarto per spatio di passi 300 dal quale discendendo all’in giù retta linea sotto li medesimi gradi 28 di ponente giù per lo Schienale del Serretto si arriva al sesto termine distante al quinto per spatio di passi 265 e da detto sesto termine per detto Schienale sotto li medesimi gradi pure all’in giù si arriva al settimo termine distante dal sesto per spatio di passi 250 in circa, quale è posto a piè di un leccio grosso crociato fra certi cerri, dal quale settimo termine partendosi, e camminando per spatio di passi 200 si arriva retta linea nel fiume della Sterza, e voltandosi a mano sinistra su per detto fiume si cammina per fino dove il rio delle Ville mette in detto fiume della Sterza, e voltandosi a mano sinistra su per detto botro del rio per all’insù arriva a un primo termine vicino a detto botro braccia sei in circa, e volgendosi a mano destra verso ponente a gradi quindici per all’insù arriva al secondo termine distante dal primo per spatio di passi 234 in circa posto vicino a un’aia chiamata aia di Iacopetto, dal quale secondo termine retta linea per all’ingiù sotto li medesimi gradi si arriva al terzo termine distante dal secondo per spazio di passi 240 posto sopra una Fonte dell’Aia di Iacopetto per braccia sei in circa, dalla quale Fonte ha origine un Botrello, che mette nel Fiume Sterza, il quale Botrello serve, et ista per confino, et camminando su per detta Sterza fino al Botro ovvero Rio di Selva Fontanella, e di quivi si piglia su per il detto Botro ovvero Rio, e camminando su per detto Rio si arriva a un termine murato, quale è posto in su detto Botro di Serra Fontanella, dal quale partendosi retta linea si arriva al secondo termine posto sulla Serretta di Selva Fontanella, e di quivi partendosi, et camminando per linea retta verso ostro a gradi quaranta, si arriva al terzo termine posto distante dal secondo circa a passi 280 et da quello terzo termine camminando all’insù per linea retta verso ostro alli medesimi gradi, si arriva al quarto termine chiamato il termine di capo alla Selice, ovvero dal Cerro sovvero, il quale termine fa angulo, et si volta a mano sinistra, come va la Selice, e camminando all’ingiù per linea retta verso la linea di Sirocco a gradi trenta si arriva al quinto termine posto distante dal fine della Selice circa passi 200 et dal quinto termine partendosi, e camminando per linea retta verso Sirocco alli medesimi gradi si arriva al sesto termine posto in luogo detto il Poggio alla Bernarda distante dal quinto passi 350 in circa, il quale sesto termine fa angulo, e si volta a mano sinistra verso levante a gradi 25 e dal sesto termine camminando per la Serra del detto Poggio alla Bernarda per linea retta si arriva al settimo termine posto distante dal sesto circa passi 600 e di quivi partendosi, et camminando per retta linea si arriva all’ottavo termine posto giù per la medesima Serra verso levante alli medesimi gradi 25 e dall’ottavo termine partendosi per retta linea si arriva al nono per la medesima linea di levante alli medesimi gradi 25 et dal non partendosi per linea retta si arriva al decimo termine posto in sulla riva del Botrello detto il Botro del Poggio alla Bernarda, che mette nella Cornazana, dal quale decimo termine voltandosi giù per detto Botro fino che mette nella detta Cornazana in sulla riva della quale in sulla bocca di detto Botrello dalla parte di verso levante a gradi 10 et posto, et murato siccome sono li sopraddetti altri l’undecimo termine, e quivi si volta a mano destra giù per il Fiume detto la Cornazana, e seguita detto fiume fino, che mette nel Fiume detto il Lodano, fino che detto mette nella Massera, e camminando per detto Fiume della Massera all’ingiù per fino, che mette nel Fiume della Cornia, quale seguita per all’insù fin dove scende la Serra della Antagneta nel fiume di detta Cornia, in su la qual Serra dell’Antagneta hanno da essere termini quattro murati, et oggi ve ne sono solamente tre, quali quattro termini vi hanno da essere, siccome si vede per una terminazione, et lodo fatta l’anno 1468 Indizione prima sotto dì 23 di Aprile per pubblico instrumento rogato per mano di ser Antonio di Michele de Tignoselli da Volterra, al quale ecc. Sopra la qual Serra si cammina fino all’ultimo termine posto in luogo d. Campo Vecchio, et di quivi voltandosi a mano destra giù per un Botrello fino a che si arriva al Rio di Valdignano, e camminando su per d. Rio fino a dove comincia il d. Rio il quale comincia vicino al Poggio a Granaiolo dive si va al termine posto in sulla Via detta la Cala al granaiolo et dalla d. Cala al granaiolo camminando all’ingiù retta linea fino dove comincia il Fiume della Massera, e pigliando giù per detto Fiume fino al Botro detto Rivino il detto Botro del Rivino pigliando si va su per detto Botro fino a un termine murato posto in luogo detto Rivino, al qual termine voltandosi a man destra si cammina su per il Serretto fino ad uno altro termine posto vicino alla strada di Migliorini, che va a Monte Verdi in luogo detto il Debbiaccio di Antilio, et di quivi partendosi et camminando per linea retta si arriva ad uno altro termine posto vicino alla strada che va a Monte Verdi per la Serra luogo detto in Doglia, et di quivi partendosi si arriva ad un altro termine posto in su la Serra del guado Volterrano, et di quivi camminando linea retta fino al fine della Fragneta dove è posto un altro termine in luogo detto il Colle di Giovannino giù per il qual Colle camminando a linea retta si arriva ad un altro termine dove comincia il Colle di Giovannino vicino al Fiume della Sterzuola ecc.

[…] Io Pietro fu Filippo di Giulio dei Nobili di Volterra Notaio Pubblico Fiorentino rogai e in fede mi sottoscrivo ecc.

[10] […]Che questa Comunità supplichi a Sua Altezza Serenissima per gratia che i lavoratori di terra di questa nostra Maremma, al­meno per dieci anni, sieno esenti da ogni comandata di persone o di bestie, acciò possino attendere ai loro lavori, et si allettino a tor­narvi più volentieri, sì come vediamo essere già stato concesso ai lavoratori di Buriano, quale pure è nelle Pendici et non in Marem­ma. Che la Comunità, con beneplacito dell’istessa Sua Altezza Se­renissima, liberi questi paesi dalla servitù del Pasco, et li renda li­beri a padroni particolari d’essi, acciò possino andare riducendo et accomodando a Poderi, in modo che ciascheduno si stia con le be­stie dentro a confini de suoi beni, et non possino con esse entrare ne beni d’altri particolari senza licenza de padroni, sotto le pene delli Statuti loro ordinate; ma solo possa entrare ne Beni Comuna­li non destinati di presente alla cultura, o si destinassero in l’avve­nire. Et questo si faccia ne tempi e modi che di presente si trovi provisto per li Ordini.

Il che ci par giusto poi che al Comune si deve pagare la pa­stura, come di sotto. Et così sia lecito a ciaschuno tenere tanto be­stiame grosso e minuto d’ogni sorte, quanto è bastante a nutrire su suoi beni proprii, et soggiornare ne Beni Comunali, come sopra, et non più. Onde speriamo dovere seguire che, non sendo arrabbiati i Colti dal calpestio delle Bestie, e, stando ognuno nel suo, vedre­mo farsi maggior ricolte di Grani, introdursi per le pianure le se­mente de Migli, et Panichi già cominciati a gustarsi in queste Ma­remme, ma, per il guasto da bestiami, cavarsi poco frutto. Ridursi finalmente il paese bello et accomodato di Case, Colombaie, Vi­gne et Chiuse d’ogni sorte di frutti ripiene, come ne vediamo l’esempio in Querceto, in Villamagna, nella Volpaia, nelle Ville et parte di Monte Verdi a Castel Lisci.[…]M. Bartolini, Sassetta nei secoli XVI e XVII, pag.242, Pontedera, 1986.

 

 



Agriturismo Podere Pratella
via della Badia, 19
I-56040 Monteverdi Marittimo PI
Italia
Tel/fax ++39 0565 784325
E-mail : info@agripratella.com
WEB : http://www.agripratella.com


Pagina successiva